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Lo specchio riflette l’immagine.

Lo specchio ricrea l’immagine, la rende propria, la scompone e la restituisce ribaltata, riflessa appunto. Per la maggior parte del tempo lo specchio attende, aspetta che accada qualcosa: un movimento, un’azione, un cambiamento. Aspetta per registrare e restituire.

In Waiting Area le persone che si mettono di fronte allo specchio restano impresse nella memoria del lavoro.

Lo specchio restituisce non solo l’immagine che si trova davanti, ma anche quelle che ha incontrato precedentemente, le tracce lasciate da chi è passato prima ricompaiono alle spalle dello spettatore, come una sorta di spinta a proseguire, a continuare su quella strada perché qualcuno che ci ha preceduto ora ci segue e ci supporta.

Più ci si sofferma sulla propria immagine riflessa più persone compaiono alle proprie spalle. Lo spettatore è portato a fermarsi e a riflettersi, si prende del tempo da passare davanti al lavoro, per osservare, per stupirsi e per pensare.

Si parte dalla stratificazione delle tracce per arrivare all’annullamento della percezione del tempo, dalla capacità di (auto)osservazione alla magia dello stupore percettivo, un lavoro intimo e corale contemporaneamente.

I riferimenti diretti partono da Pellizza da Volpedo e arrivano a Present Continuous Past di Dan Graham.